L’Antitrust ha aperto un’istruttoria contro Google per cercare di capire come l’azienda americana utilizza i nostri dati per le campagne pubblicitarie.
Guai in vista per Google: l’Antitrust (ovvero l’Autorità garante della concorrenza e del mercato) ha aperto un’istruttoria ai danni di Big G ipotizzando il reato di abuso di posizione dominante. L’azienda avrebbe violato l’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea per quanto riguarda l’utilizzo dei dati degli utenti per l’elaboraizone delle campagne pubblicitarie. Secondo l’Autorità garante della concorrenza, Google utilizzerebbe in modo discriminatorio l’enorme mole di dati raccolti attraverso le proprie applicazioni.
Perché l’Antitrust ha aperto un’istruttoria contro Google
Entrando nello specifico, l’Antitrust contesterebbe a Big G una condotta di discriminazione interna-esterna, rifiutandosi di fornire le chiavi di decriptazione del proprio ID ed escludendo i pixel di tracciamento di terze parti. Al contempo, avrebbe utilizzato alcuni elementi traccianti che renderebbero i propri servizi di intermediazione pubblicitaria in grado di raggiungere una targettizzazione che i concorrenti non sarebbero in grado di replicare.
Attraverso cookie, banner, pop-up e altre forme di messaggi pubblicitari Google può acquisire dati rilevanti per la scelta di consumo degli utenti. Dati che vanno aggiunti a quelli ancora più importanti derivati da tutti gli strumenti di Google e del sistema operativo Android, da Chrome mobile ai vari Maps/Waze, Gmail, Drive, YouTube e così via. Una mole di dati enorme che permetterebbe a Google di assumere una posizione di tale dominio da rendere impossibile una concorrenza leale.
Google le campagne pubblicitarie, un mercato da oltre 3 miliardi
Quello delle raccoltle pubblicitarie online è uno dei mercati più floridi al mondo. Basti pensare che nel 2019 in Italia si è registrato un valore di oltre 3,3 miliardi di euro, ovvero il 22% delle risorse del settore media. In altri termini, la raccolta pubblicitaria online ad oggi rappresenta la seconda fonte di ricavi del settore dei media.
Proprio per questo l’Antitrust ha scelto di aprire gli occhi per verificare che tutti i comportamenti siano basati su principi di correttezza e legalità. L’assenza di concorrenza, infatti, potrebbe portare a ridurre le risorse destinate ai produttori di siti web e agli editori, con il conseguente impoverimento della qualità dei contenuti e il rallentamento dello sviluppo di tecnologie per rendere la pubblicità meno invasiva per i consumatori.